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QUANDO IL LAVORO FA RUMORE: LA SORDITÀ DI ORIGINE PROFESSIONALE
Una ricerca condotta dal Censis a fine 2019, “Sentirsi bene. Il valore sociale dell’audioprotesi”, ha rivelato una questione molto preoccupante: nel nostro Paese sono in significativo aumento le persone affette da ipoacusia.
Secondo i dati raccolti, il 12% della popolazione soffre di problemi di udito. L’incremento generale negli ultimi sei anni è del 4,8% e il trend pare destinato a crescere.
Tra i fattori di rischio rilevanti, vi è senza dubbio l’invecchiamento. Tuttavia (per leggere tutto l’articolo clicca sul titolo) il rumore ambientale, soprattutto in ambito lavorativo, rappresenta un ruolo determinante. Lo dimostra il fatto che nella fascia d’età tra i 46 e i 60 anni – quindi in età lavorativa – l’incremento è stato del 9,8%.
L’esposizione professionale a fonti d’intenso rumore, prolungata nel tempo, provoca spesso danni alla salute, tra cui la diminuzione della capacità uditiva, che costituisce una delle malattie professionali più diffuse e più frequentemente denunciate e indennizzate dall’Inail.
I sintomi sono la difficoltà a comprendere parole e suoni, la presenza di acufeni (ronzii, fischi, fruscii) e iperacusia (ridotta capacità di tollerare rumori esterni).
L’ipoacusia è tra le patologie comprese nelle Tabelle Inail delle malattie professionali, ovvero quelle per le quali è previsto un iter di riconoscimento facilitato.
Quali sono i settori lavorativi che presentano i maggiori fattori di rischio? L’edilizia (ad esempio muratori e carpentieri); l’industria estrattiva (minatori e marmisti); industria metallurgica e metalmeccanica (ad esempio fonderie e acciaierie); cantieri navali; industria del vetro; lavorazione del legno (falegnami); industria tessile; industrie della ceramica e del cemento; industrie della plastica e della gomma; cartiere e industrie grafiche; lavorazioni in agricoltura.
C’è però da considerare che le attività lavorative interessate, almeno potenzialmente, sono molte di più, magari alcune si svolgevano nel passato quando l’attenzione a questa patologia era sicuramente minore.
Se l’ipoacusia è causata dall’attività lavorativa, è importante attivarsi per richiederne il riconoscimento all’Inail. L’eventuale danno è indennizzato con un risarcimento una tantum (per percentuale riconosciuta fra il 6% e il 15%), oppure con la costituzione di una rendita (per percentuale riconosciuta a partire dal 16%).
Tra le prestazioni erogate dall’Inail vi è anche la fornitura di protesi.
Gli operatori e i medici-legali del Patronato ACLI sono a disposizione per approfondire il tuo caso, valutando l’esposizione professionale unitamente all’esame audiometrico. Contatta la sede più vicina o prenota un appuntamento, ti aspettiamo!